Sonetto composto in nome di un genitore, a cui era motta poco innanzi una figlia appena maritata: e diretto al genitore della sacra sposa.
Di due vaghe donzelle, oneste, accorte
Lieti e miseri padri il ciel ne feo,
Il ciel, die degne di più nobil sorte
L' una e l' altra veggendo, ambe chiedeo.
La mia fu tolta da veloce morte
A le fumanti tede d' Imeneo:
La tua, Francesco, in suggellate porte
Eterna prigioniera or si rendeo.
Ma tu almeno potrai dalla gelosa
Irremeabil soglia, ove s' asconde,
La sua tenera udir voce pietosa.
Io verso un flume d' amarissim' onde,
Corro a quel marmo, in cui la figlia or posa:
Batto, e ribatto, ma nessun risponde.
[Opere Edite e Postume di J. Vittorelli, Bassano, 1841, p. 294.]