also known as: Petrarch
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Lassare il velo o per sole o per ombra.
Occhi miei lassi, mentre ch' io vi giro.
Quel foco, ch' io pensai che fosse spento.
Perchè quel che mi trasse ad amar prima.
Volgendo gli occhi al mio novo colore.
Di tempo in tempo mi si fa men dura.
Nel dolce tempo della prima etade.
O aspettata in ciel, beata e bella.
Verdi panni, sanguigni, oscuri o persi.
Si è debile il filo a cui s' attene.
Gentil mia donna, i' veggio.
Nella stagion che 'l ciel rapido inchina.
Spirto gentil che quelle membra reggi.
Lasso me, ch i' non so in qual parte pieghi.
Perchè la vita è breve.
Poichè per mio destino.
[R]
Una donna più bella assai che 'l sole.
Se 'l pensier che mi strugge.
Chiare, fresche e dolci acque.
S' il dissi mai, ch' i' venga in odio a quella.
In quella parte dov' Amor mi sprona.
Italia mia, benchè 'l parlar sia indarno.
Di pensier in pensier, di monte in monte.
Qual più diversa e nova.
Ben mi credea passar mio tempo omai.
I' vo pensando, e nel pensier m' assale.
Non al suo amante più Diana piacque.
Perchè al viso d' Amor portava insegna.
Nova angeletta sovra l' ale accorta.
Or vedi, Amor, che giovinetta donna.
A qualunque animale alberga in terra.
Giovane donna sott' un verde lauro.
L' aere gravato, e l' importuna nebbia.
Chi è fermato di menar sua vita.
Alia dolce ombra de le belle frondi.
Anzi tre di creata era alma in parte.
Non ha tanti animali il mar fra l' onde.
Là ver l' aurora, che sì dolce l' aura.
Poi che 'l cammin m' è chiuso di mercede.
Amor, io fallo e veggio il mio fallire.
Real natura, angelico intelletto.
I' ho pregato Amor, e nel riprego.
L' alto signor, dinanzi a cui non vale.
Mira quel colle, o stanco mio cor vago.
Parrà forse ad alcun, che 'n lodar quella.
Fresco ambroso fiorito e verde colle.
Il mal mi preme, e mi spaventa il peggio.
Due rose fresche, e colte in paradiso.
L' aura che 'l verde Lauro e l' aureo crine.
Chi vuol veder quantunque può Natura.
Qual paura ho, quando mi torna a mente.
Solea lontana in sonno consolarme.
O misera ed orribil visione.
In dubbio di mio stato, or piango, or canto.
In quel bel viso, ch' i' sospiro e bramo.
O dolci sguardi, o parolette accorte.
I' pur ascolto, e non odo novella.
La sera desiar, odiar l' aurora.
Far potess' io vendetta di colei.
Vive faville uscian de' duo bei lumi.
Cercato ho sempre solitaria vita.
In tale Stella duo begli occhi vidi.
Qual donna attende a gloriosa fama.
Cara la vita, e dopo lei mi pare.
Arbor vittoriosa e trionfale.
Aspro core e selvaggio, e cruda voglia.
Signor mio caro, ogni pensier mi tira.
Io canterei d' Amor sì novamente.
S' Amor non è, che dunque è quel ch' i' sento?
Amor m' ha posto come segno a strale.
Pace non trovo, e non ho da far guerra.
Amor che nel pensier mio vive e regna.
Se 'l dolce sguardo di costei m' ancide.
Amor, Natura, e la bell' alma umile.
Questa Fenice dell' aurata piuma.
Se Virgilio ed Omero avessin visto.
Giunto Alessandro alla famosa tomba.
Stiamo, Amor, a veder la gloria nostra.
Almo Sol, quella fronde ch' io sola amo.
Passa la nave mia colma d' oblio.
Una candida cerva sopra l' erba.
Siccome eterna vita è veder Dio.
Pasco la mente d' un sì nobil cibo.
L' aura gentil che rasserena i poggi.
Di dì in dì vo cangiando il viso e 'l pelo.
L' aura serena che fra verdi fronde.
L' aura celeste che 'n quel verde Lauro.
D' un bel, chiaro, polito e vivo ghiaccio.
L' aura soave ch' al sol spiega e vibra.
O bella man, che mi distringi 'l core.
Non pur quell' una bella ignuda mano.
Mia ventura ed Amor m' avean sì adorno.
Lasso, ch' i' ardo, ed altri non mel crede!
Anima, che diverse cose tante.
Dolci ire, dolci sdegni e dolci paci.
Rapido fiume che d' alpestra vena.
I' dolci colli ov' io lasciai me stesso.
In nobil sangue vita umile e queta.
Non dall' Ispano Ibero all' Indo Idaspe.
Voglia mi sprona; Amor mi guida e scorge.
Beato in sogno, e di languir contento.
Grazie ch' a pochi 'l ciel largo destina.
S' una fede amorosa, un cor non finto.
Tutto 'l di piango; e poi la notte, quando.
Già desiai con sì giusta querela.
Tra quantunque leggiadre donne e belle.
Il cantar novo e 'l pianger degli augelli.
Onde tolse Amor l' oro e di qual vena.
Dodici donne onestamente lasse.
Qual mio destin, qual forza o qual inganno.
Liete e pensose, accompagnate e sole.
Quando 'l sol bagna in mur l' aurato carro.
Fiamma dal ciel su le tue treccie piova.
L' avara Babilonia ha colmo 'l sacco.
Fontana di dolore, albergo d' ira.
Quanto più desiose l' ali spando.
Come talora al caldo tempo suole.
Passer mai solitario in alcun tetto.
Aura, che quelle chiome bionde e crespe.
Amor con la man destra il lato manco.
Cantai, or piango; e non men di dolcezza.
I' piansi, or canto; che 'l celeste lume.
Lasso! Amor mi trasporta ov' io non voglio.
I' mi vivea di mia sorte contento.
Vincitore Alessandro l' ira vinse.
Qual ventura mi fu, quando dall' uno.
O cameretta che già fosti un porto.
Quand' io v' odo parlar si dolcemente.
Nè così bello il sol giammai levarsi.
Pommi ove 'l sol occide i fiori e l' erba.
O d' ardente virtute ornata e calda.
Questa umil fera, un cor di tigre o d' orsa.
Mirando 'l sol de' begli occhi sereno.
Fera stella (se 'l cielo ha forza in noi).
Quando mi vene innanzi il tempo e 'l loco.
Per mezzo i boschi inospiti e selvaggi.
Mille piagge in un giorno e mille rivi.
Amor che 'ncende 'l cor d' ardente zelo.
Amor mi sprona in un tempo ed affrena.
Geri, quando talor meco s' adira.
Po, ben puo' tu portartene la scorza.
Amor fra l' orbe una leggiadra rete.
Quando 'l voler, che con duo sproni ardenti.
Non Tesin, Po, Varo, Arno, Adige e Tebro.
Che fai, alma? che pensi? avrem mai pace?
Nom d' atra e tempestosa onda marina.
Ite, caldi sospiri, al freddo core.
Le stelle e 'l cielo e gli elementi a prova.
Non fur mai Giove e Cesare sì mossi.
I' vidi in terra angelici costumi.
Quel sempre acerbo ed onorato giorno.
Lieti flori e felici, e ben nate erbe.
Ove ch' i' posi gli occhi lassi o giri.
In qual parte del cielo, in quale idea.
Amor ed io sì pien di maraviglia.
O passi sparsi, o pensier vaghi e pronti.
Amor, che vedi ogni pensiero aperto.
Or che 'l ciel e la terra e 'l vento tace.
Come 'l candido piè per l' erba fresca.
S' io fossi stato fermo alla spelunca.
Quando Amor i begli occhi a terra inchina.
O Invidia, nemica di virtute.
Amor mi manda quel dolce pensero.
Pien d' un vago pensier, che me desvia.
Più volte già dal bel sembiante umano.
Giunto m' ha Amor fra belle e crude braccia.
Qui reposan quei caste e felice ossa.
Per far una leggiadra sua vendetta.
Era 'l giorno ch' al sol si scoloraro.
Quel ch' infinita providenza ed arte.
Quando 'l pianeta che distingue l' ore.
Lasso, che mal accorto fui da prima.
Del mar Tirreno alla sinistra riva.
L' aspetto sacro della terra vostra.
Ben sapev' io che natural consiglio.
Io son già stanco di pensar siccome.
Se al principio risponde il fine e 'l mezzo.
I begli occhi, ond' i' fui percosso in guisa.
Amor con sue promesse lusingando.
Per mirar Policleto a prova fiso.
Quando giunse a Simon l' alto concetto.
Io son sì stanco sotto 'l fascio antico.
Io non fu' d' amar voi lassato unquanco.
Se bianche non son prima ambe le tempie.
Occhi, piangete; accompagnate il core.
Io amai sempre, ed amo forte ancora.
Erano i capei d' oro all' aura sparsi.
Io avrò sempre in odio la fenestra.
Sì tosto come avvien che l' arco scocchi.
Poi che mia speme è lunga a venir troppo.
Fuggendo la prigione ov' Amor m' ebbe.
La bella donna che cotanto amavi.
Piangete, donne, e con voi pianga Amore.
Più volte Amor m' avea già detto: scrivi.
Quando giugne per gli occhi al cor profondo.
Così potess' io ben chiuder in versi.
Quella fenestra, ove l' un sol si vede.
Io son dell' aspectar omai sì vinto.
Ahi bella libertà, come tu m' hai.
Orso, al vostro destrier si può ben porre.
Poi che voi ed io più volte abbiam provato.
Lasso! ben so che dolorose prede.
Cesare, poi che 'l traditor d' Egitto.
Vinse Annibal, e non seppe usar poi.
L' aspettata virtù che 'n voi fioriva.
Non veggio ove scampar mi possa omai.
Sennuccio, i' vo' che sappi in qual maniera.
Avventuroso più d' altro terreno.
Lasso! quante fiate Amor m' assale.
Perseguendomi Amor al luogo usato.
La donna che 'l mio cor nel viso porta.
Quand' io movo i sospiri a chiamar voi.
Sì traviato è 'l folle mio desio.
La gola e 'l sonno e l' oziose piume.
A piè de' colli ove la bella vesta.
Gloriosa Colonna, in cui s' appoggia.
Qui dove mezzo son, Sennuccio mio.
Dell' empia Babilonia, ond' è fuggita.
In mezzo di duo amanti onesta altera.
Pien di quella ineffabile dolcezza.
Se 'l sasso ond' è più chiusa questa valle.
Amor, Fortuna, e la mia mente schiva.
Rimansi addietro il sestodecim' anno.
Quelle pietose rime, in ch' io m' accorsi.
Dicesett' anni ha già rivolto il cielo.
Quel vago impallidir che 'l dolce riso.
Se la mia vita dall' aspro tormento.
Quando fra l' altre donne ad ora ad ora.
Io mi rivolgo indietro a ciascun passo.
Movesi 'l vecchierel canuto e bianco.
Mille fiate, o dolce mia guerrera.
Se mai foco per foco non si spense.
Perch' io t' abbia guardato di menzogna.
Poco era ad appressarsi agli occhi miei.
Se col cieco desir che 'l cor distrugge.
Mie venture al venir son tarde e pigre.
Se voi poteste per turbati segni.
La guancia che fu già piangendo stanca.
L' arbor gentil che forte amai molt' anni.
Benedetto sia 'l giorno e 'l mese e l' anno.
Padre del ciel, dopo i perduti giorni.
Piovonmi amare lagrime dal viso.
Quand' io son tutto volto in quella parte.
Son animali al mondo di sì altera.
Vergognando talor ch' ancor si taccia.
Se l' onorata fronde, che prescrive.
Amor piangeva, ed io con lui talvolta.
Più di me lieta non si vede a terra.
Il successor di Carlo, che la chioma.
Quest' anima gentil che si diparte.
S' io credessi per morte essere scarco.
Quanto più m' avvicino al giorno estremo.
Già fiammeggiava l' amorosa stella.
Apollo, s' ancor vive il bel desio.
Solo e pensoso i più deserti campi.
Orso, e' non furon mai fiumi nè stagni.
Io temo sì de' begli occhi l' assalto.
S' amore o morte non dà qualche stroppio.
Quando dal proprio sito si rimove.
Ma poi che 'l dolce riso umile e piano.
Io sentia dentr' al cor già venir meno.
Il figliuol di Latona avea già nove.
Quel che 'n Tessaglia ebbe le man sì pronte.
Il mio avversario, in cui veder solete.
L' oro e le perle, e i fior vermigli e i bianchi.
When gods and men I saw in Cupid's chain
PART I.
Quando ad un giogo ed in Un tempo quivi.
PART I.
Da poi che sotto 'l ciel cosa non vidi.
PART I.
PART I.
Dell' aureo albergo con l' Aurora innanzi.
Amor, quando fioria.
Che debb' io far? che mi consigli, Amore?
Amor, se vuoi ch' i' torni al giogo antico.
Standomi un giorno solo alla finestra.
Tacer non posso, e temo non adopre.
Solea dalla fontana di mia vita.
Quando il suave mio fido conforto.
Quell' antiquo mio dolce empio signore.
Vergine bella che di sol vestita.
Mia benigna fortuna e 'l viver lieto.
Oimè il bel viso! oimè il soave sguardo!
Rotta è l' alta Colonna, e 'l verde Lauro.
L' ardente nodo ov' io fui, d' ora in ora.
La vita fugge, e non s' arresta un' ora.
S' Amor novo consiglio non n' apporta.
Al cader d' una pianta che si svelse.
I dì miei più leggier che nessun cervo.
Sente l' aura mia antica, e i dolci colli.
E questo 'l nido in che la mia Fenice.
Mai non vedranno le mie luci asciutte.
Quel vago, dolce, caro, onesto sguardo.
Or hai fatto l' estremo di tua possa.
L' aura e l' odore e 'l refrigerio e l' ombra.
L' ultimo, lasso! de' miei giorni allegri.
O giorno, o ora, o ultimo momento.
Ite, rime dolenti, al duro sasso.
S' onesto amor può meritar mercede.
Vidi fra mille donne una già tale.
Tornami a mente, anzi v' è dentro quella.
Questo nostro caduco e fragil bene.
Dolce mio caro e prezioso pegno.
O tempo, o ciel volubil che fuggendo.
Quel, che d' odore e di color vincea.
Lasciato hai, Morte, senza sole il mondo.
Conobbi, quanto il ciel gli occhi m' aperse.
Deh qual pietà, qual angel fu sì presto.
Del cibo onde 'l signor mio sempre abbonda.
Ripensando a quel ch' oggi il ciel onora.
Fu forse un tempo dolce cosa amore.
Spinse amor e dolor ove ir non debbe.
L' aura mia sacra al mio stanco riposo.
Gli angeli eletti e l' anime beate.
Donna che lieta col Principio nostro.
Da' più begli occhi e dal più chiaro viso.
E' mi par d' or in ora udire il messo.
Ogni giorno mi par più di mill' anni.
Non può far morte il dolce viso amaro.
Dicemi spesso il mio fidato speglio.
Volo con l' ali de' pensieri al cielo.
Morte ha spento quel Sol ch' abbagliar suolmi.
Deh porgi mano all' affannato ingegno.
Tennemi Amor anni ventuno ardendo.
I' vo piangendo i miei passati tempi.
Dolci durezze e placide repulse.
Spirto felice, che sì dolcemente.
Che fai? che pensi? che pur dietro guardi.
Datemi pace, o duri miei pensieri.
Occhi miei, oscurato è 'l nostro sole.
Poichè la vista angelica serena.
Nell' età sua più bella e più fiorita.
Vago augelletto che cantando vai.
Se lamentar augelli, o Verdi fronde.
Mai non fu' in parte ove sì chiar' vedessi.
Quante fiate al mio dolce ricetto.
Alma felice, che sovente torni.
Sennuccio mio, benchè doglioso e solo.
Quella per cui con Sorga ho cangiat' Arno.
L' alto e novo miracol ch' a dì nostri.
Zefiro torna, e 'l bel tempo rimena.
Quel rosignuol che sì soave piagne.
Nè per sereno cielo ir vaghe stelle.
Tranquillo porto avea mostrato Amore.
Passato è 'l tempo omai, lasso! che tanto.
Mente mia che presaga de' tuoi danni.
Tutta la mia fiorita e verde etade.
Tempo era omai da trovar pace o tregua.
Discolorato hai, Morte, il più bel volto.
Sì breve è 'l tempo e 'l pensier sì veloce.
Nè mai pietosa madre al caro figlio.
Se quell' aura soave de' sospiri.
I' ho pien di sospir quest' aer tutto.
L' alma mia fiamma oltra le belle bella.
Come va 'l mondo! or mi diletta e piace.
Quand' io veggio dal ciel scender l' Aurora.
Gli occhi di ch' io parlai sì caldamente.
Due gran nemiche insieme erano aggiunte.
S' io avessi pensato che sì care.
Soleasi nel mio cor star bella e viva.
Soleano i miei pensier soavemente.
I' mi soglio accusare, ed or mi scuso.
Quand' io mi volgo indietro a mirar gli anni.
Ov' è la fronte che con picciol cenno.
Quanta invidia ti porto, avara terra.
Valle che d' lamenti miei se' piena.
Levommi il mio pensier in parte ov' era.
Io pensava assai destro esser sull' ale.
Amor che meco al buon tempo ti stavi.
Mentre che 'l cor dagli amorosi vermi.
Anima bella, da quel nodo sciolta.
Quel sol che mi mostrava il cammin destro.
Voi, ch' ascoltate in rime sparse il suono.